Copio un articolo e un video carino pubblicato sul magazine 102 di moto.it scritto da Tanca
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La Norton e l’acqua santa
di Maurizio Tanca
Il reverendo Shergold portò in chiesa i motociclisti “sporchi e cattivi” fondando nel 1959 il Club 59motociclisti “sporchi e cattivi” fondando nel 1959 il Club 59, uno dei più celebri e attivi d’Inghilterrà. Un documentario d’epoca racconta la loro storia
Questo piacevole documentario fa parte di una serie denominata “Look at Life”, in auge tra il 1959 e il 1968, destinata ai cinema inglesi e commentata dalla voce dell’atto- re Tim Turner. Si trattava di realizzazioni di una
decina di minuti, che raccontavano vari aspetti della vita inglese in generale: un po’ come i nostri omologhi flmati in bianco e nero del dopoguer- ra, realizzati dallo storico Istituto Luce, che chi non sia propriamente di primo pelo si ricorderà certamente. In questo caso, l’attenzione di Look Storia at Life è puntata sul mondo dei motociclisti, i co- siddetti “ton-up boys”, piuttosto che “rockers”, tutti rigorosamente dotati di giacche Barbour
o Belstaf, o dei caratteristici “chiodi”, i classi- ci giubbotti di pelle nera più o meno borchiati, ancora oggi attualissimi. Ai tempi in cui questo documentario venne realizzato, l’industria moto- ciclistica inglese andava a gonfe vele, e la Gran Bretagna contava oltre due milioni di motociclisti e scooteristi, e 800 moto club, che nei weekend si riunivano spesso nei classici raduni cui par- tecipavano intere famiglie, spesso con tanto di sidecar e pargoli al seguito. Manifestazioni du- rante le quali si tenevano anche prove di abilità e controllo della motocicletta, come surplace, gimkane e via dicendo: roba da far tenerezza ri- spetto alle analoghe manifestazioni dei giorni no- stri, dove burn out, sgasate al limitatore, mono- ruota e stoppies sembrano costituire il minimo sindacale. Il cortometraggio, che inizia con una sana scalciata alla pedivella di avviamento di una bellissima Norton (una 650 SS, ci sembra), rac- conta anche del Club59, noto anche come “The 9”, un club di motociclisti davvero molto parti- colare, la cui storia che merita attenzione. Infatti venne fondato nel 1959, nell’East End londine- se, dal reverendo John Oates come ritrovo per i giovani, una sorta di oratorio, quindi. Quando il prelato venne trasferito alla chiesa londinese di Santa Brigida, in Fleet Street, gli subentrarono prima padre Graham Hullett, e poi padre William Shergold, appassionato motociclista praticante, con tanto di Norton Dominator in dotazione, che possiamo vedere anche in azione, e attorniato dai suoi ragazzi. Ed è a lui che venne in mente l’idea di trasformare il Club59 in uno “Church Club”, un club ecclesiastico insomma, dedicato anche ai giovani motociclisti. E quale luogo po- teva essere migliore del già famosissimo Ace Cafè, per reclutare adepti? Risultato: in soli 18 mesi, il sodalizio contava già oltre 500 membri: “la loro uniforme è rigorosamente una giacca di pelle nera, e le loro capigliature sarebbero certamente un incubo per qualunque sergente maggiore”, cita simpaticamente lo speaker Tim Turner nel suo commento. Naturalmente il pre- lato motociclista, oltre ad ofrire ai giovani biker un punto di aggregazione e svago, istituì anche la possibilità di benedire in chiesa le loro moto, oltre ad ofciare i loro matrimoni e a battezzare i loro fgli. Il simpatico sacerdote è deceduto nel 2009, ma il Club 59 è tutt’ora attivo, e conta oltre
543.000 membri. L’istituzione di padre Shergold divenne presto famosa, tanto da attrarre an- che l’attenzione di membri della Famiglia Reale, come la principessa Margaret ed il marito Lord Snowdon, e celebrità dello spettacolo come il cantante Clif Richard e l’attrice Elisabeth Taylor e, non ultimo, il vescovo Trevor Huddleston, fa- moso per le sue campagne contro l’apartheid. E fu proprio al Club 59 che nel 1968 venne proietta- to per la prima volta il celebre flm The Wild One (Il Selvaggio, con Marlon Brando), fno ad allora bandito in Inghilterra. Tornando al video, trove- rete anche immagini girate nell’allora attivissimo stabilimento Triumph di Meriden, e altre relative ad una benemerita coppia londinese che per puri scopi benefci aveva organizzato nella propria villetta una sorta di call center ante litteram,che gestiva un gruppo di oltre 400 motociclisti volon- tari dislocati in tutto il territorio circostante, che con le loro moto, 24 ore su 24, svolgevano servizi umanitari a domicilio, tipo trasportare sangue, plasma, medicinali urgenti e via dicendo.